PAVIA ROMANA ovvero TICINUM, CITTà DI AUGUSTO di Stefano Maggi
€20.00
Scriveva un grande studioso di urbanistica antica, Guido A. Mansuelli, che le città ro- mane non sono oggetti da museo, da descrivere nella loro forma definitiva, perché non l’hanno; esse cambiano nel tempo, anche se l’impianto resta sempre quello impostato dai Romani e continuato spesso nel Medioevo, fino all’età moderna.
Ed è così anche per Pavia.
Tuttavia, per la nostra città il momento in cui le caratteristiche urbane si affermano in ma- niera perentoria e completa, non è proprio quello iniziale, della fondazione, della stesura dell’impianto. Questo momento si fissa nell’età di Augusto.
Fu allora che la sua pianta, la sua forma urbis (forma della città), si sviluppò nella terza dimensione, quella verticale, in maniera compiuta, ben definita. Soprattutto attraverso la realizzazione di edifici e monumenti pubblici, la città acquistò una ‘immagine’: un tempio sulla piazza pubblica, un arco aperto nelle mura, un ponte, ecc. Questa immagine si pro- iettava verso l’esterno, ma funzionava anche per chi viveva al suo interno: era, insomma, un’immagine che sviluppava un racconto estetico, funzionale, politico, per convincere chi ancora fosse fuori dal sistema di vita romano a entrarvi e gratificare quelli che già vi vivevano.
Il fenomeno più innovativo della romanizzazione delle nostre terre è certo l’urbanizzazio- ne, la fondazione di città o la trasformazione di insediamenti preromani in strutture che rispondessero alle caratteristiche di una città autenticamente romana; ma esso non può essere considerato indipendente da quello dell’organizzazione dell’ambiente in generale. Il territorio di una città è imprescindibile per la sua vita. Ciò è ovvio in un sistema socioe- conomico basato per la più parte sull’agricoltura e le attività silvo-pastorali.
Non vi erano regole precise, ma principi generali da seguire.
Il primo era quello della divisione razionale e regolare degli spazi urbani e di quelli agrari. Un altro era la distribuzione altrettanto regolare dei servizi.
Ancora, si applicava la correlazione tra spazi interni ed esterni alla città.
Da tutto ciò derivava la funzionalità del sistema, sia sotto l’aspetto insediativo sia sotto quello produttivo e commerciale, dunque economico.
Tutto ciò per Ticinum è evidente. Sembra quasi paradossale un’affermazione di questo genere per una città la cui documentazione archeologica pare decisamente povera. Eppu- re, sono tanti i segni che a tal proposito si possono recuperare per ricostruire un quadro certo non puntuale, ma neppure approssimativo, della città antica.
Questo si cercherà di fare in questo piccolo libro.
Ed è così anche per Pavia.
Tuttavia, per la nostra città il momento in cui le caratteristiche urbane si affermano in ma- niera perentoria e completa, non è proprio quello iniziale, della fondazione, della stesura dell’impianto. Questo momento si fissa nell’età di Augusto.
Fu allora che la sua pianta, la sua forma urbis (forma della città), si sviluppò nella terza dimensione, quella verticale, in maniera compiuta, ben definita. Soprattutto attraverso la realizzazione di edifici e monumenti pubblici, la città acquistò una ‘immagine’: un tempio sulla piazza pubblica, un arco aperto nelle mura, un ponte, ecc. Questa immagine si pro- iettava verso l’esterno, ma funzionava anche per chi viveva al suo interno: era, insomma, un’immagine che sviluppava un racconto estetico, funzionale, politico, per convincere chi ancora fosse fuori dal sistema di vita romano a entrarvi e gratificare quelli che già vi vivevano.
Il fenomeno più innovativo della romanizzazione delle nostre terre è certo l’urbanizzazio- ne, la fondazione di città o la trasformazione di insediamenti preromani in strutture che rispondessero alle caratteristiche di una città autenticamente romana; ma esso non può essere considerato indipendente da quello dell’organizzazione dell’ambiente in generale. Il territorio di una città è imprescindibile per la sua vita. Ciò è ovvio in un sistema socioe- conomico basato per la più parte sull’agricoltura e le attività silvo-pastorali.
Non vi erano regole precise, ma principi generali da seguire.
Il primo era quello della divisione razionale e regolare degli spazi urbani e di quelli agrari. Un altro era la distribuzione altrettanto regolare dei servizi.
Ancora, si applicava la correlazione tra spazi interni ed esterni alla città.
Da tutto ciò derivava la funzionalità del sistema, sia sotto l’aspetto insediativo sia sotto quello produttivo e commerciale, dunque economico.
Tutto ciò per Ticinum è evidente. Sembra quasi paradossale un’affermazione di questo genere per una città la cui documentazione archeologica pare decisamente povera. Eppu- re, sono tanti i segni che a tal proposito si possono recuperare per ricostruire un quadro certo non puntuale, ma neppure approssimativo, della città antica.
Questo si cercherà di fare in questo piccolo libro.